mercoledì 1 febbraio 2012

poesie scelte

Quaderno a quadretti rossi

Ricordo: un negozio un po' basso, sepolto tra mensole scure,
cartelle grigiastre, barattoli pieni di penne, figure
di bambole da ritagliare con gli abiti (quale disprezzo
riversavamo su quelle, noi maschi , tirando sul prezzo
di certi cartoni sottili ricolmi d'eroici soldati);
e il banco coperto da pile di neri quaderni arrossati
sul bordo, da scatole blu coi pennini d'acciaio dorato,
gli elastici gialli, la carta assorbente. Oh, tempo passato!
Rinasco, imitando Gozzano, negli ultimi anni cinquanta
vedendo un quaderno a quadretti , la carta ingiallita, che incanta
per quelle righine sottili che incrociano altre a milioni
e tutte d’un rosso un po’ spento. E che ci scrivevo? Vagoni
di formule nate per gioco, di nomi, di date importanti
ma solo per me, di progetti di viaggi su navi vaganti
nei mari lontani, di schizzi creati da umori che allora
crescevano come germogli, e secchi ristagnano ora;
le labbra del mio primo amore, le tappe del Giro d’Italia,
profili d’aerei, guerrieri. E io, ch’ero uscito di balia
da ben poco tempo, vivevo la vita segreta del foglio
dai piccoli rossi quadrati. Coraggio, che adesso non voglio
star qui a rivangare il passato piangendone i miti sepolti;
riporto il quaderno in soffitta, e torno ai miei guai che son molti.
Per dare un po’ d’ordine ai conti usare il quaderno non posso:
sarei spaventato, lo giuro, vedendo i miei numeri..in rosso!

L’spirazione
Dura ben poco, in me, l’ispirazione.
Quando mi sfiora, nuova, una visione,
s'accende la pupilla, c'è l'impatto
però il pensiero vaga, son distratto,
e nella mente aperta ormai, rapaci,
entran le cento immagini fugaci
ch’erano intorno a me, pronte, in agguato,
e il concettoso oggetto vien scalzato.
In un istante tutto torna a posto
e cede al quotidiano. Son disposto,
se il seducente lampo già si oscura,
a ritentar domani l'avventura!

Mattino

Alle finestre aperte, dona il Maggio
un frullìo d'ali, occulto, tra le foglie;
timido, scinde il verde muro un raggio
che s’attarda a giocare e poi si scioglie

di ramo in ramo. La saracinesca
lascia entrare la luce mattutina:
la stanza è rosa ormai, color di pesca;
tiepido il letto. Vien, dalla cucina,

un dir parole tra caffè e ciambella,
un borbottìo sereno che assaporo,
momento di dolcezza che affratella
e non posso goder: vado al lavoro!

Notte estiva a Venezia

La sera ha l'ore lente ed i minuti,
sospettosi, fan passi da formica.
Anche i sospiri han quiete; son più acuti
i sensi ad aspettar la notte amica.

Eccola, tanto attesa! Quasi offerta
a notturni passanti, che silente
hanno lo sguardo, la finestra aperta
zucchera il rio d’un luccichìo insolente.

Monocorde è il brusìo: sola par viva
un’improvvisa voce e porta seco,
da un’assemblea di barche fino a riva,
un rispondere opaco senza eco.

Dà un guizzo l’onda, s’apre e fa un milione
di altre ondine scintillanti. Appena
di quel passaggio brusco si scompone;
non ha affanni: a guardarla rasserena.

Il venditore di scapolari

Udite, udite, villici ignoranti,
fanciulla ascolta, ed anche tu, moccioso:
vi presento un prodotto che, fra i tanti
che qui vedete, ha del miracoloso.

Non sta in bottiglia, in scatola o in cartoccio,
non lo si beve né lo si consuma,
con esso si ha, difatti, un altro approccio:
lo si indossa! Lasciate che riassuma

le sue virtù: vi salva dall’Inferno,
vi assicura l’eterno Paradiso,
e se vi ha condannati il Padreterno
ad un soggiorno in Purgatorio, avviso

che illico e immediate ne uscirete!
A bocca aperta v’ho lasciati? Aprite
piuttosto, cari miei, il portamonete
ed estraete qualche soldo. Udite:

non ve lo do per cento, nè lo cedo
per cinquanta o per trenta. State attenti:
negli occhi vostri il desiderio vedo,
per questo ne pretendo solo venti!

Si chiama scapolare, eccolo qua:
prezioso, indispensabile, perfetto
medicinal pei guai dell’aldilà;
accostatevi dunque al sacro oggetto!

Non siate avari! Su, considerate
quanto, nel viaggio estremo, di conforto
esser potrà se in ciel vi presentate
con questo straordinario passaporto.

Chi l’indossa, è provato, un lembo afferra
del manto di Dio Padre Onnipotente!
(Io, coi bajocchi vostri, sulla terra
ho già il mio Paradiso, più umilmente)






AMORI DEL PASSATO
L’ombra della piramide si stende
sulla valle silente. Già il tramonto
arrossa il Nilo, e mille luci accende
tra le barche reali. Tutto è pronto
per l’incontro galante: profumata,
languidamente sui cuscini stesa,
Nefertari, che da passion sfrenata
per Ramesse il divino è stata presa,
pregusta la sua notte di piacere:
“Vieni tesoro – ha scritto al Faraone -
il tuo obelisco bramo rivedere!”
(Lui capirà, si sa, quest’allusione.)
Ma quel figlio di Ra, oggi, è distrutto:
gli viene il moccio al naso, poveretto,
ha la febbre, delira e trema tutto,
nel tossire gli duole forte il petto.
Perciò un messaggio fa recapitare
a quell’assatanata : “L’obelisco
non è in gran forma, mia diletta, e pare
una biscia del Nilo, garantisco:
neppure mille schiavi in verticale
saprebbero portarlo! L’occasione
non perdiamo però: al mio capezzale
vieni e vi troverai un.... Piramidone!”

Cyrano (con l'involontaria collaborazione di Rostand)
Son Cyrano, poeta parigino,
viaggiator fantasioso e spadaccino,
dotato d'ardimento e d’un gran naso.
Accade che, talvolta, un ficcanaso
a questa mia appendice faccia oltraggio
scambiando l’incoscienza per coraggio,
e inevitabilmente quello sciocco
ha provato la punta del mio stocco!
Il tizio esclama: “Provo ammirazione
per l’incommensurato padiglione
da cui v’escono i baffi. Al suo confronto
il mio naso è un’inezia! Faccio conto
che vi possa servir da portaombrelli
o da salda dimora per fringuelli…”
E insiste: “E’ una montagna, un promontorio,
erigervi si può un osservatorio:
di tanto sopravanza gli altri nasi
che le stelle e i pianeti tocca, quasi.
Abbiate molta cura del colosso:
se ha un’emorragia sarà il mar Rosso!”
Osa dirmi, alla fine: “Mio signore,
qual vento può causarvi un raffreddore
se non il Maestrale?” La blasfema
battuta non ti è consentita: trema
perché accosto la mano all’elsa, amico,
per infilzarti come un beccafico.
Ecco m’inquarto, paro, finto, scocco:
giusto alla fin della licenza io tocco!



Al Signor Leopold Von Sacher-Masoch,
dal suo cameriere, nell’anniversario dell’assunzione

E’ giorno: Le verso, sul collo,
del buon caffellatte bollente
finchè non è desto. Controllo
(poiché sono assai diligente)

la frusta che poi dovrò usare.
A pranzo, impugnando un coltello,
minaccio la sua giugulare.
Lei grida: "Continua, che bello!"

A cena, mi porge le dita
con l'ansia del bimbo che aspetta
un nuovo balocco: m’invita
a usare l'argentea forchetta.

Più tardi la scorto all’alcova
e lei raccomanda: “Sii desto
doman, di buonora: si prova
quel guanto per far l’occhio pesto.”

Nel letto, che un gran baldacchino
sovrasta, v' é poi la sorpresa
finale: sará lo scaldino
rovente? Dei chiodi? L'attesa

nel buio prelude all'orgasmo.
Ricorda quel giorno lontano
in cui le donai qualche spasmo
mordendo, tra i pizzi, la mano

che lei mi porgeva? Quel gesto,
che tanto le piacque all'inizio,
la indusse ad assumermi: "Presto
- promise - sarai al mio sevizio."

Sorte d'una caramellina

Scordata da mesi, avvolta nel rosa
traslucido d'una sottile cartina,
protetta dal buio silente, riposa
sicura e paziente, la caramellina.
Conosce ogni piega, ogni anfratto, ogni ruga
di quella dimora. Chissà se, annoiata,
progetta d’uscire, per darsi alla fuga,
un dì, dalla tasca dov’è relegata?
Ma oltre la soglia dell’atra prigione
c’è un mondo vorace, non proprio ideale
per te, dolce amica: con qualche ghiottone
potresti aver, temo, un incontro fatale!

Teano
Maestosamente, il biondo eroe s’accosta
al savoiardo sul cavallo bianco:
in questa posa i due fanno una sosta
per essere ritratti fianco a fianco.
Bisbiglia il generale: “V’interessa
essere Re d’Italia ? Qui si tratta
di prevenir che un altro abbia la stessa
idea.” Fa il piemontese: “ E’cosa fatta!”
Un brindisi? Macchè, vanno di fretta,
finisce tutto lì. Ma tra la truppa
c’è chi borbotta: “Insomma, ci si aspetta
che diano qualche soldo per la zuppa!”

Un fisico bestiale
“Un’altra, Volta, ancora…per favore!”
gli dice la signora spasimando.
Ed Alessandro, che da ben due ore
da eroe faceva funzionare il brando,
sospira stiracchiandosi sul letto.
Come fisico non era affatto male
e le cose prendeva assai di petto,
ma il fisico dei fisici, è normale,
ha i suoi limiti: “Serve più energia…”
S’alza di furia, i pantaloni infila,
la parrucca a sghimbescio, corre via
e in due e due quattro va a inventar la pila!

Meglio i contanti
Oh venturose e care e benedette
l'antiche età, ov’era sconosciuto
il bonifico, ancor. Quando pasciuto
Giove si fu di Danae e dovette
ricompensare i suoi favori, trasse
di tasca una manciata di monete
e dall’alto gliele gettò: arguirete
fossero d’oro fino ed esentasse.
Così il Cronìde la faceva franca
e ai magistrati non lasciava prova:
per certe transazioni nell’alcova
è meglio non servirsi della banca!

Lady Hamilton

Sir Hamilton, l’ inglese ambasciatore,
mi trascurava un po’. Certo d’amore
non ricevetti mai da lui un profluvio:
si dedicava assai di più al Vesuvio,
mentre il vulcano suo…eruttava poco
poiché s’era già spento tutto il fuoco.
Tormentata così dall’ormonale
tempesta, ricercai l’uomo ideale
e una sera il mio sguardo, oltre il ventaglio,
l’occhio incontrò d’un celebre Ammiraglio.
L’altro mancava ovvero era bendato
e d’un braccio l’avea il destin privato,
ma per il resto, via, non c’era male,
sapeva usare bene il...cannocchiale!

Hans Memling
S’è conquistata già una certa fama
a Bruges come pittore di ritratti.
Ma il fiammingo borghese, si sa, brama,
anonimo restar: “Saran ben fatti,
però nel mio dipinto preferisco
che il nome non appaia: è una questione
soprattutto di privacy e di fisco.”
Un giorno un committente gli propone
di ritrarre il figliolo: “E’ sottintesa
la discrezione massima…” L’artista
effigia il bimbo, il nome non palesa
indi, sotto la firma, in bella vista,
l’intitola così: “Figlio d’ignoto”.
Al padre viene quasi un coccolone:
gli avvocati, si dice, ha messo in moto
e lo denuncia per diffamazione!

Goldoniana
S’atteggia a goldoniano gentiluomo
Lelio, però è soltanto un perdigiorno.
Porta un bastone che d’avorio ha il pomo,
merletti, polpe candide, e un tricorno
nero sulla parrucca incipriata.
Il tabarro, color pulce ammalata,
emana un fine aroma di tabacco.
Saluta tutti, in Piazza, con distacco,
s’inchina ad una giovane signora.
Fino a doman potrà fingere ancora
perché consente il Carnevale, è noto,
ogni impostura ed ogni scherzo, ma
ridiventerà tosto un guscio vuoto:
la quaresima impone la realtà!

Un vero dandy
Prima notte di nozze: l’elegante
Lord X si predispone a deflorare
la giovinetta moglie, titubante
e poco incline a compartecipare.
Lui porta una vestaglia in seta nera;
lei gli si accosta a mani giunte e cade
ai suoi piedi piangendo. La pervade
un tremito convulso: “Son sincera,
fui già d’un altro uomo! Deh, perdona
d’averti illuso d’esser pura!” Tace,
lui, pensieroso. Forse si compiace
di comprenderla? Apre ed ispeziona
l’armadio: con atteggiamento altero
afferra una vestaglia rossa e, lesto,
la indossa. Esclama poi, spiegando il gesto:
“Solo alle prime, cara, vado in nero!”

Opportunità bibliche
Sono giunti in Egitto, ma han paura
d’aver rogne laggiù: benché matura,
Sara vien reputata ancora bella
tanto che Abramo come sua sorella
al Faraone la presenta. Questo,
cadendo nel tranello disonesto,
s’invaghisce di lei, la sposa tosto
e al Patriarca, purchè stia al suo posto,
regala armenti, capre, servi e argento:
lui piglia tutto e se ne va contento.
Ti par strana la storia, t’arrovelli
a comprender lo scambio coi cammelli?
Sotto il sole non c’è alcun nuovo evento:
avrebbe, oggi, un seggio in parlamento.

La vicenda è incompleta: ancor va detto
che Abramo ripetè quel suo giochetto
a Gerar, ove Abimelèch regnava:
passavan gli anni e Sara mai invecchiava
e ancor desiderabile appariva
tanto che ovunque la si concupiva.
Stavolta oltraggio non subì perché
a tempo seppe intervenir Yahweh:
al consorte fu resa la signora
e lui sorella la chiamava ancora)
dotata, manco a dirlo, di gioielli,
di servi, di montoni e di cammelli!

Il Pelide
Desta qualche problema Achille quando,
preda d’ira funesta, estratto il brando,
minaccia Agamennòn l’Atride e pare
lo voglia immantinente sbudellare.
S’incazza Giove, stanco: “Quel citrullo,
dall’accento mirmidone, fa il bullo
e atteggia il volto ad espression feroce…
E’ inutile cha vanti il piè veloce:
se continua con questo battibecco
lo fulmino al tallone e lo fo secco!”

Il Pelide (2)
Riparliamo d’Achille, il palestrato:
mammina lo mandò tra le sbarbine
a Sciro, per sfuggire al triste fato
che lo voleva morto a Troia. Infine
comunque s’adempì la profezia.
Di spade e gioie ben provvisto, Ulisse
andò laggiù a propor la mercanzia
ed avvenne così che si scoprisse
il travestito: emerse tra le gnocche
il pelìde, caduto nel tranello,
strappandosi le finte bionde ciocche,
e urlando: “A me uno scudo grande e bello!”
Nel veder d’armi tale esposizione
non riusciva a nasconder…l’erezione!

Ditelo a donna Letizia
Cara donna Letizia, mi si dice
che consigli sa dar. Sono Euridice
e i giorni miei trascorro, miserella,
con uno che la cetra ognor strimpella
e devo sopportarlo “obtorto collo”
altrimenti s’incazza il padre Apollo!
Si vanta di ammaliar uomini e fiere
col canto suo, però di quel potere
mica fa un uso pratico: s’ostina
a non domare i topi giù in cantina.
Ultimamente, noto, è spesso incline
a mandarmi a raccoglier fragoline
nei bui anfratti del vicino bosco:
in lui sospetto un qualche fine losco,
dato che non ignora ch’io paventi
gli aspidi ed ogni sorta di serpenti…

Cercasi COLF
Alle signore che, con giusto sdegno,
accusan la metà di scarso impegno
nella gestion domestica, qui narro
d’Ercole e Onfale il caso assai bizzarro:
fu lei, ch’era regina della Lidia,
(soffrendo forse della nota invidia
del pene) a schiavizzare il semidio
trasformandolo in colf, benchè restìo:
conocchia in man gli mise, a tesser lana,
e al posto suo, dismessa la sottana,
la pelle di leon spesso indossava,
minacciando il meschino con la clava.
In breve tempo andò il ménage in fumo
ma fruttò quattro figli e ne desumo
che talvolta l’eroe, sia pur stressato,
della clava si sia reimpossessato!

Quelli eran tempi!
Si usava offrire in pasto, nel passato,
una figliuola vergine e procace
a qualche orripilante mostro alato,
legandola a una roccia. Ma l’audace
cavalier, d’un bucefalo in arcione,
arriva in tempo a scioglier la catena
ottenendo così, qual guiderdone,
di goder la pulzella dopocena.
Giungerebbero oggi i giovanotti
sempre in ritardo, pur con una scusa:
“Non mi partiva il SUV, due poliziotti
della stradale m’han fermato a Susa,
non trovavo parcheggio, il cellulare
s’è scaricato, su feisbùc non c’era
il suo profilo, la mia moto pare
non possa circolar sulla scogliera….”